Ecco perché ci siamo innamorati della Truck Art pakistana
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L’ho raccontato più volte. Arrivare qui dall’Italia all’inizio è stato uno choc. Il Pakistan è un Paese difficile e Karachi in particolare è una città in cui il senso urbanistico è pressoché inesistente. Insieme all’immagine di sfacelo e di vissuto che le case e le strade portano con sé, c’è una patina di polvere che ricopre qualsiasi cosa. Sfido io: i monsoni, che già di solito arrivano per una quindicina di giorni tra agosto e settembre, quest’anno si sono fatti desiderare. Non una goccia di pioggia è caduta su questa polverosa città.
Ecco perché, lo straniero che arriva qui e vede per la prima volta un camion o un bus mirabilmente colorato e addobbato come se fosse pronto per una parata, non può che rimanerne piacevolmente colpito. Immaginate gli occhi sgranati di Arianna e Luigi quando, dopo essersi chiesti in che diavolaccio di posto li avesse portati il padre, rimangono incantati davanti al camion-cisterna che ci consegna l’acqua.
L’artigianato che qui chiamano Truck Art nasce negli Anni ’20, quando arrivano in Pakistan i camion dell’inglese Bedford. Qualcuno inizia a decorarli con imponenti corone di legno dipinte, che sovrastano la parte anteriore: s’ingaggia così una lotta all’insegna della concorrenza. Essere decorati significa essere più riconoscibili: è quello che noi intendiamo quando parliamo di “brandizzare”. Si formano delle officine e dei laboratori specializzati in questo tipo di decori, i camionisti e gli autisti arrivano a spendere anche due anni di stipendio pur di avere il mezzo più bello.
Ci fanno dipingere sopra le loro passioni, la loro vita, i divi di Bollywood e i simboli di buon auspicio (come gli occhi o le aquile, una presenza costante nei cieli pakistani) pavoni, cavalli, palloni da calcio o eroi del cricket. Al di là della storia che si cela dietro questa bellissima forma di arte figurativa, io ho sviluppato la mia personale teoria sul suo successo: quei decori multicolor, quelle immagini che raccontano di speranze e sentimenti che si fanno preghiere e poesia, sono in realtà una vera e propria forma di resistenza contro la natura delle cose.
Qui dove curare un giardino è un’impresa, dove l’acqua è preziosa quanto l’oro, dove la vita non è benevola proprio con tutti, quei lampi di colore che invadono d’improvviso le strade accendono una speranza. Sono un vero e proprio inno alla gioia.
E poi, non vi ricordano i nostri carretti siciliani?
Discussion
ANDREA
Mi hai fatto viaggiare comodamente dal mio divano. Adoro
Luciana Caramia
grazie!
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